Gli effetti collaterali delle radiazioni di Chernobyl continuano a stupire dopo 40 anni, nuovo studio. L'incidente nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 in Ucraina, rilasciò diverse centinaia di volte più combustibile radioattivo della bomba atomica sganciata su Hiroshima nella Seconda guerra mondiale. Con il passare degli anni, le sostanze chimiche radioattive, più pericolose, come lo iodio-131, il principale responsabile dell'aumento dei tumori alla tiroide negli anni successivi al disastro, e rimasero quelli a decadimento più lento come il cesio-137 e lo stronzio-90, assorbiti in modo non omogeneo dalla vegetazione e dal suolo attorno alla centrale. Oggi nella Foresta Rossa, la distesa di pini nel raggio di 4 km dal complesso che in seguito all'esplosione cambiò colore e morì, rimane una radioattività residua di 0,4 millisievert all'ora, migliaia di volte più elevata dei tipici livelli di radiazione che gli esseri viventi riescono a tollerare senza conseguenze. È però molto difficile capire quali possano essere le conseguenze di tutto questo sulla salute degli animali, soprattutto se si tratta di fauna selvatica in un'area di così difficile accesso
I primi racconti da Chernobyl descrivevano un territorio in cui la vita animale era rifiorita in assenza dell'uomo. Nei primi anni 2000, però, i biologi Anders Møller dell'Università di Parigi-Saclay e Timothy Mousseau dell'Università della South Carolina dimostrarono che nelle aree più radioattive, certe specie di uccelli avevano cervelli più piccoli, meno spermatozoi e più mutazioni genetiche del normale, oltre a una popolazione per specie ridotta del 66%. Anche il numero di specie di uccelli risultava dimezzato. Nelle stesse zone c'erano meno invertebrati nel suolo, meno insetti, meno mammiferi come lepri e volpi. Ai due scienziati la correlazione tra radiazioni e danni agli animali sembrava palese, persino a livelli di radioattività residua considerati innocui fino ad allora.
A cura di Staff Di Meteowebcam.it
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